giovedì 7 agosto 2014

Weh side stories, part II

Dopo una lunga passeggiata di 8 km verso il km 0 (il punto più a nord-ovest dell'Indonesia, l'inizio del paese che termina altresì a Papua) passando per Long Beach e la foresta pluviale - in cui avvistiamo una colonia di scimmiette nutrite da una decina di turisti cinesi -, in serata partecipiamo ad una "family dinner" con tutti gli espatriati del paese: 5 piatti vegetariani e tanto nasi putih (riso in bianco) per stringere amicizie e fare una buona cena in un ambiente informale gestito da una nativa di Pulau Weh. Scopriamo così di essere ben 8 italiani su quest'isoletta nel mezzo dell'Oceano Indiano, cosa abbastanza difficile per luogo e periodo dell'anno (saremo davvero solo 8?). In tarda serata si prosegue alla Green House di Erik ove proviamo i piaceri di conoscere la vita comunitaria indonesiana assaggiando qualche bicchierino di Sea Horse's (distillato al "gusto di whiskye"...cosa vorrà mai dire?) e qualche biscottino con burro "special" ascoltando in sottofondo uno stranissimo minimal tedesco mixato da un espatriato molto silenzioso con chiacchiere random in tre lingue: bahasa indonesia, English, italiano. Momenti di sonnolenza, nubi di fumo grigie, due gattini che saltano per la veranda verde parecchio intontiti e luci basse con tre grandi domande poste dal guru di casa alla "platea": "Is that song about love?"; "Marco Polo, why you do not drink Sea Horse's with Jerak Jus?"; "Bagus, Man?". Ovvero scene, volti, situazioni, parole molto singolari ed altamente eccentriche (sarà proprio questo a renderle interessanti?). Bagus, men!

Dopo un giretto in sepeda motor per la cornice dell'isola di Pulau Weh, nel mezzo del cammin col motorino ci ritrovammo in una selva luminosa con una lunga spiaggia bianca attorniata da quelle palme tipiche di un catalogo di viaggi sognato da tutte le massaie italiane durante le promozioni dei materassi di Mastrota su canale cinque (e non solo). Anyway, questo è un posto daydreamin', c'è poco da aggiungere...
Pulau Weh, località 'pantai putih', ovvero "spiaggia bianca" @ Sumatra, Indonesia

Oggi è venerdì, bisognerebbe attendere le due del pomeriggio per fare il bagno in rispetto alla locale cultura religiosa musulmana. Non è così per molti, soprattutto per i turisti cinesi che con il loro giubbino arancione di salvataggio nuotano a pochi metri dalla riva nell'acqua azzurrissima. Anche io, lo ammetto, indosso la "gommosa divisa di mare olandese" ma solo per dirigerci con una barca nei posti chiave di fronte Pulau Weh a praticare un po' di snorkeling. Guidati da un connazionale che vive in loco da 12 anni, ci ritroviamo ad essere ben 5 italiani che sgasano oltre le onde del canale in cerca di pesci colorati, coralli e forse le famose "kura kura", le tartarughe marine. Dopo una bella nuotata a lato degli scogli tra gli atolli nei dintorni di Pulau Rubia, riesco a farmi "trasportare" (o travolgere?) dalle onde verso lo sconfinato oceano indiano per poi essere recuperato in barca prima di finire in Malesia, sbracciando animosamente in lontananza. In seguito si prosegue verso un piccolo vulcano subacqueo situato nel mezzo di una baia dalle acque calmissime. Qui, guardando attraverso la maschera in direzione del fondo, l'impressione è quella di trovarsi dentro un grosso bicchiere d'acqua minerale con migliaia di bolle d'aria che salgono verso l'alto mentre, ondeggiando con le pinne nella corrente calda e con un diffuso puzzo sulfureo nell'aria circostante, ci si gode ipnotizzati lo spettacolo. Una situazione che ha qualcosa di vagamente psichedelico e documentaristico, decisamente affascinante. Una bella esperienza ed una piacevole giornata conclusasi sorseggiando un buon caffè nero chiacchierando ed ammirando questo tramonto dalle tinte calde, che pare uscire da un enorme dipinto poggiato su un gigantesco cavalletto posto proprio di fronte a noi.

Pak Mikael @ Kareung, Pulau Weh, Sumatra, Indonesia

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