mercoledì 6 agosto 2014

Berangkat ke Pulau Nias

Dopo aver passato il pomeriggio ad innamorarmi di Memrisk, un'applicazione per memorizzare termini in Bahasa Indonesia, consumiamo la cena a dir poco 'sul presto': 18.30 in punto, presto persino per un piemontese old-fashioned di Borgata Sala. Tra una mezz'ora partiremo per Pulau Nias richiudendo per l'ennesima volta le valigie. Alle 19.15 siamo già in porto e ci apprestiamo a salire su un ferry boat commerciale/civile pieno zeppo di decine di camion marchiati 'Pertamini', la prima marca di benzina indonesiana. Vale a dire, un semplice principio di incendio e ci troveremo su una polveriera (forse non basta il confronto!) nel mezzo dell'oceano pacifico. Il viaggio durerà una notte intera, undici ore totali. La logica di numerazione dei posti sfugge ogni tipo logica, passando dal 21 al 165 al 22 al 10 al 172...o forse sono io che non mi intendo di questi esoterici rebus matematici? Dopo un'attesa di circa un'ora arriva il suono assordante di una campana che grida "berangkat", ovvero: "si parte!". Il ponte di una nave in piena notte è una sorta d'istigazione al filosofeggiare libero, sport violento ed anacronistico che ben si alterna con le chiacchiere in marziano/indonesiano improvvisate con locali che desiderano farsi fotografare, offrono qualcosa da mangiare, sono curiosi di sapere di cosa ci occupiamo. Le luci della città all'orizzonte si fanno sempre più piccole e lontane, i motori della nave sono al massimo. La sonnolenza arriva tardi, ma arriva: toccherà trovarsi un cantuccio ove riposare a terra. Dormire su una stuoia, all'interno di una cabina passeggeri, sopra un pavimento di cemento di una nave è tanto romantico quanto in realtà dannatamente scomodo. Basti dire che persino un pesantissimo saggio filosofico sul concetto di 'verità' ed un libro sui genocidi nella storia possono essere preferibili ed utili a ritardare una nottata su questo pavimento. Per questa ragione continuo a leggere fino alle due del mattino, a scrivere qualche appunto, a guardarmi attorno, per poi dover miseramente soccombere alle palpebre calanti e alla vista di due piedacci di un vecchio signore russante sdraiato proprio di fianco a me...
L'arrivo in porto è segnalato da un fastidiosissimo suono metallico e dall'accensione/spegnimento delle luci tre volte di seguito. Ore sette: l'alba ha cominciato il suo corso, il cielo 'a pecorelle' è tinto di rosa-grigio, il ponte è pieno di persone pronte a scendere. Riprendo il mio grosso trolley/cassa da morto desiderando di gettarlo a mare per viaggiare finalmente leggero. Usciamo dal grosso ponte di ferro abbassato, trasciniamo i bagagli sul pontile, arriviamo al pick-up che ci attende...'saya mau tidur' ('cacchio, vorrei dormire!') è una frase che mi passa ripetutamente per la testa, mentre al volo imparo come dire "ciao" in Bahasa Nias: "Jaahowu".




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